Omero. Miti e ipotesi

Quella di Omero è una delle figure più emblematiche e misteriose della storia della letteratura. Per alcuni egli fu solo un mito, per altri una convenzione concettuale.
Tra gli “scettici” post medievali più celebri degno di nota è Francois Hédeline, abate d’Aubignac - precursore della scuola “separatista” - che sostenne l’ipotesi che Omero non fosse mai esistito e che i due poemi (Iliade e Odissea) fossero frutto del lavoro di vari autori, sulla base di canti tramandati a voce da rapsodi, cioè antichi aedi-poeti.
Altri ancora, invece, hanno sostenuto la storicità del personaggio. Tra di essi lo scrittore Armin Wolf ha avuto il merito di rendere le figure di Ulisse e dello stesso Omero (sia viaggiatore che narratore) sicuramente meno mitiche, più reali e vicine al nostro immaginario. Molti autori narrano, tuttavia, di un Omero cieco. In effetti - secondo la tradizione classica - Omero era cieco ma è probabile che il poeta lo sia divenuto solo in tarda età.
La tradizione classica

Diversa e originale è la teoria dello studioso calabro-siculo Giovanni Balletta. Per Balletta “Omero” non è un nome proprio di persona, ma rappresenta l’acronimo “O.m.heros”: Odisseo ricorda (memorizza) l’eroe.
Il ritratto finale

Ne emerge il ritratto finale di un abile cantore (o addirittura di più cantori vissuti in tempi diversi); di un personaggio molto importante nella cultura calabro-cretese, e non solo, poiché responsabile del nobile compito di memorizzare e tramandare poemi e liriche alle generazioni future, sino al definitivo avvento della forma scritta che si concretizzò solo con la colonizzazione ellenica: ricordiamo che i Cretesi ancora non conoscevano l’arte di riportare per iscritto le storie ma le tramandavano rigorosamente a memoria.